PILLOLE DI IPNOSI ERICKSONIANA NELL'AMBULATORIO DEL PEDIATRA DI BASE

di Barbara Adinolfi

Quando i bambini sperimentano delle terapie fisiche che richiedono tempo e cure amorevoli da parte dei genitori (es. impacchi, bendaggi, lavaggi e ammolli), dopo la guarigione, anche a distanza di tempo, talvolta ricreano la patologia che ha portato a tali attenzioni.
 
Riporto qui di seguito 3 casi simili in bambini di età diversa (Sara, Lorenzo e Viola), in cui sono state usate delle tecniche ipnotiche conversazionali sia per la diagnosi che per la terapia.
 
 
Sara 5 anni.
 
Nel bambino piccolo è facile creare la bolla ipnotica  tramite una fase assertiva, e così succede anche con Sara. Giunge alla mia osservazione con il papà.
Come d’abitudine controllo sulla cartella informatizzata la visita precedente: il mese prima la bambina aveva una congiuntivite catarrale per la quale erano stati prescritti impacchi con camomilla per 4 volte al giorno e applicazioni di unguento oftalmico per 3 volte al giorno per 6 g . Il papà mi riferisce che era guarita bene e nei tempi previsti. Da allora però al risveglio del mattino, Sara grida per un forte dolore riferito agli occhi; tale dolore non si ripresenta in altri momenti.
La mia attenzione si focalizza sulla bambina alla quale faccio dei complimenti per il suo abbigliamento e chiedo informazioni su chi lo sceglie. Sara mi risponde serenamente, ma è sempre più concentrata quando le chiedo di ricordare chi ha scelto il fiocco della treccina (la sto aiutando a portare l’attenzione all’interno di se stessa per favorire lo stato di trance). Mi informo di che colore è il suo pigiamino, e la porto a descrivermi cosa succede al mattino mentre è nel suo letto.
Da quando introduco l’immagine del pigiamino, Sara è ferma, ha smesso di toccare il gioco davanti a se, guarda le sue mani, è in una trance leggera. Mi descrive il suo dolore agli occhi mentre la mamma la sveglia e la veste. Le chiedo se potrebbe andar meglio se fosse il papà a svegliarla e mi dice di si. Ma il papà al mattino è al lavoro e così le propongo un risveglio lento con la mamma che la bacia a lungo prima di vestirla. Aiuto Sara a visualizzare e fare esperienza di questa mia proposta. Mi dice che se la mamma la bacia, senza vestirla, non ha più dolore.
Il racconto della bambina è molto efficace, tanto che è il papà a chiudere la visita, ritrattando sulla necessità di un approfondimento oculistico. Mi spiega che la moglie abitualmente veste la bambina ancora semi addormentata, in modo che al completo risveglio, sia pronta per andare in cucina a far colazione. Aggiunge di voler parlare con la moglie al fine di cambiare le modalità del risveglio il prima possibile.
 
 
Lorenzo 8 anni.
 
Lorenzo giunge con la mamma per effettuare accertamenti urologici per poliuria (minzioni frequenti). La mamma mi riferisce che questo disturbo è cominciato dopo la balanopostite (infiammazione del glande) del mese precedente. Era guarito bene, non c’era più edema o secrezione purulenta e lo scorrimento prepuziale era possibile e non doloroso.
Controllo sulla sua cartella: per la balanopostite avevo prescritto 4 lavaggi del glande con soluzione disinfettante e successiva applicazione di crema base di cortisonico e antibiotico per 6 g .
Dall’anamnesi risulta che in assenza di infezione del prepuzio e del glande, persistono minzioni frequenti, scarse ma non dolorose.
A questo punto chiedo a Lorenzo di mingere al fine di eseguire un esame urine mediante striscia reattiva. Il bambino raggiunge volentieri il bagno insieme alla mamma. L’analisi dell’urina risulta normale.
Lorenzo appare particolarmente soddisfatto di aver prodotto il suo campione di urina, mentre la mamma è assolutamente preoccupata.
Chiedo al bambino quante volte fa la pipì e dove. Mi riferisce che succede solo quando è in casa, infatti a scuola segue normalmente le lezioni. Questo stupisce la mamma che aveva dato per scontato che il problema fosse sempre presente. Rispondendo alle mie domande, Lorenzo mi spiega che a casa la mamma capisce che è andato in bagno, perché la cordicella dello scarico è troppo alta per lui, quindi è la mamma che si occupa della ritirata del wc e in quel momento chiede al bambino come mai ha avuto bisogno di fare ancora la pipì.
Mentre racconta Lorenzo è in una trance leggera, ascolta e risponde senza guardare la mamma; ha le mani ferme e ha smesso di toccare i giochi posti sulla scrivania davanti a lui.
Durante questo stato di trance, il bambino accoglie la proposta di sostituire una minzione con un momento di coccole con la mamma.
A questo punto la madre di Lorenzo interviene dicendo che lei è sempre in casa e disponibile ai baci. Chiedo conferma al bambino che mi risponde che la mamma passa tanto tempo a fare le collane.
Faccio un chek riportando Lorenzo ad andare mentalmente in camera sua con la sensazione di voler far pipì: il bambino mi dice che è disposto ad eliminare parecchie minzioni in cambio di qualche coccola con la mamma.
Ancora una volta è la mamma che interviene chiudendo il lavoro: è stupita e mi comunica di voler essere presente in casa in modo diverso e che non ritiene più opportuno effettuare l’urinocoltura, l’ecografia delle vie urinarie e la visita urologica. Concordo con lei.
 Lorenzo appare sollevato.
 
 
Viola 7 anni.
 
Viola viene accompagnata dalla mamma per programmare approfondimenti diagnostici per un dolore persistente al gomito sinistro.
Si nega un trauma e all’esame obiettivo non vi è iperemia o edema; la funzione non è lesa, la bambina infatti riesce a fare tutti i movimenti agevolmente, pur riferendo dolore.
Le chiedo di visualizzare il suo dolore e di descriverlo. Ha la forma di uno sfilatino color rosso e mi indica con precisione da dove parte e dove arriva e qual’è la zona più dolorosa.
Durante una trance leggera, la bambina riesce a ridurre il dolore fino a 2/10, partendo da 9/10 e poi decide di tenerlo così, perché non le comporta fastidio.
La mamma è visibilmente e piacevolmente sorpresa, tanto che decide di affidarmi la sua preoccupazione per un dolore ricorrente che Viola ha alla caviglia destra.
Verifico sulla cartella della bambina che 12 mesi prima, avevo trattato la distorsione di quella caviglia con applicazione di una crema per 2 volte al giorno, precisando che prima dell’applicazione la caviglia doveva essere lavata, asciugata, e dopo fasciata.
Viola mi spiega, dopo mia sollecitazione, che quando ha dolore la mamma effettua con cura l’operazione di lavaggio, asciugatura, applicazione di crema e poi “fa una specie di fasciatura”, che le da immediatamente sollievo.
Le chiedo se c’è qualcosa che potrebbe darle piacere fino a farle passare il dolore alla caviglia e che possa sostituire la fasciatura. Viola scarta un massaggio ai piedi e un gioco con la madre, mentre accoglie soddisfatta una sessione di coccole.
Le faccio dunque rivivere il dolore alla caviglia e con un rapido check, mi conferma il piacere di sostituire il bendaggio con le coccole. Le chiedo se con delle coccole extra il dolore può non tornare. Viola a quel punto ci sorprende: stabilisce 2 sessioni di coccole al giorno ed anche gli orari, dando luogo ad una prevenzione del disturbo.
La madre è senza parole, perché ignorando la possibilità che il dolore potesse avere anche cause non organiche, aveva esonerato la bambina dallo sport scolastico per un anno, non aveva potuto iscriverla ad atletica (tanto attesa anche da Viola) ed era ormai decisa ad affidarla alle cure di un fisioterapista.
Rivedo la bambina per tonsillite dopo 1 mese, non ha più lamentato algie alla caviglia o al gomito e pratica sport.
 
 
 
Le fobie dei bambini sono spesso mal vissute dai genitori, soprattutto se non soffrono lo stesso limite, e talvolta la compassione per il problema del figlio, lascia spazio all’intolleranza per questa disabilità: è il caso dei genitori di Martina
 
 
Martina 12 anni.
 
Martina viene accompagnata dai genitori un pomeriggio d’estate. La sala visita è in penombra per tentare di lasciar fuori il caldo.
La madre mi chiede un’impegnativa per visita otorinolaringoiatria e per visita neuropsichiatria infantile al fine di indagare e possibilmente risolvere il problema di vertigini, da cui è affetta la figlia. Mi racconta che abitano al secondo piano e Martina impiega “una vita” a scendere le scale e che è obbligata ad attaccarsi al corrimano o al muro.
La ragazza sembra mortificata. Le chiedo di salire mentalmente le scale. Mi dice che non è difficoltoso; le chiedo poi di scenderle: dimostra il disagio con dei gesti automatici e mi riferisce la fatica che aumenta gradino dopo gradino e l’impossibilità di scendere nella parte centrale della scala. E’ in una lieve fase di trance. Le domando se un colore diverso dell’ambiente possa facilitarle la cosa: sceglie il verde che definisce “rilassante”. Così suggerisco a Martina di salire e scendere le scale verdi più volte e poi di farlo anche nel centro della rampa.
Un successivo check mi rassicura del risultato. A questo punto le chiedo se vuole aumentare la velocità nello scendere le scale, in maniera del tutto autonoma. Martina mi riferisce di farlo in maniera molto rapida e agevole, anche al centro della rampa. La porto a visualizzare le scale esattamente come sono nella realtà e a scenderle. Martina fa tutto serenamente.
I genitori sono visibilmente impreparati ad un lavoro del genere; non parlano per tutto il tempo ma sono partecipi, anche loro sono accomodati nella bolla ipnotica. 
Avvertono che qualcosa è successo, tanto che il padre mi chiede di risolvere subito anche la paura per il terremoto. Riesco a placare questo nuovo impeto, spiegando che Martina ha effettuato parte di un lavoro che la sua mente porterà avanti nelle prossime ore o nei prossimi giorni.
A distanza di 2 mesi la mamma mi telefona perché la figlia ha un’enterite e quando le chiedo notizie sulle vertigini, stenta a ricordare il problema che è completamente risolto (e a quanto sembra, archiviato.)
 
 
 
I bambini si affidano alla saggezza dei genitori, e stentano a contraddirne le scelte anche quando non le condividono; tuttavia l’inconscio registra il disagio tanto da farlo affiorare nel fisico.
Questo succede ad Abdoul.
 
 
Abdoul 8 anni.
 
Abdoul, originario del Senegal, giunge in ambulatorio con il fratello di 6 anni ed il papà, il quale vorrebbe un’impegnativa per portare il figlio dall’otorinolaringoiatra. 
Il padre mi racconta che da quasi un anno, quando il bambino va a letto, fa dei rumori molto forti col naso, tanto da avvertirli nella stanza adiacente, e questo avviene probabilmente perché da sdraiato fa fatica a respirare.
Chiedo ad Abdoul di mostrarmi il rumore: è una specie di espirazione forzata a bocca chiusa.
Dall’indagine col bambino, che è molto collaborante, risulta che non può fare almeno di fare quel rumore con il naso, che gli capita solo nella fase di addormentamento, ma non di notte, né di giorno.
Il bambino dorme in camera con il fratello minore, presente alla visita, nell’alloggio superiore del letto a castello. A questo punto il padre mi spiega, compiaciuto e divertito, che essendo Abdoul il fratello più grande, ha il diritto di dormire nel letto di sopra, che sembra essere il più richiesto, ed inoltre la cosa appare del tutto sensata, perché il fratellino tende a cadere dal letto, tanto che hanno dovuto mettere delle spondine.
Abdoul aggiunge che appena sono al letto, per tantissimo tempo il fratellino grida, si lamenta e piange perché vorrebbe dormire nel letto superiore.
Padre e figlio si guardano divertiti e complici, mentre il fratellino appare infastidito.
Chiedo ad Abdoul di ripercorrere mentalmente il momento in cui si corica, e di ritrovarsi nel letto con il suo piagiamino, quando comincia a far rumore con il naso, mentre il fratellino è di sotto e si lamenta.
Abdoul è in una fase di trance leggera.
Gli domando se vuole modificare qualcosa per stare al meglio possibile: la luce, i colori, immaginare un sottofondo musicale, una televisione, i-pod, ma Abdoul non è interessato a niente di ciò. Allora gli propongo di scambiare il letto con il fratello. Questa proposta sembra piacergli, si accarezza il mento e sorride, ma mi risponde di no. Allora gli propongo di far dormire suo fratello nel letto alto due volte a settimana. Il bambino accetta dicendo che quella soluzione gli piace ed anche il fratellino è soddisfatto.
A distanza di 2 mesi, rivedo i bambini per un controllo di crescita. Il papà mi riferisce che da quando i bambini si scambiano i letti a turno, non solo Abdoul ha smesso di fare il rumore con il naso, ma anche il fratellino ha smesso di gridare e cosa “strana “, non cade più dal letto, tanto che sono state tolte le spondine, anche quando dorme nella postazione alta.
PILLOLE DI IPNOSI ERICKSONIANA NELL'AMBULATORIO DEL PEDIATRA DI BASE