COME STAI - PSICOLOGIA

"L'ipnosi che non ti aspetti" di Silvia Finazzi

Molti pensano all’ipnosi come a una metodica teatrale, quasi da maghi improvvisati. In realtà, non ha nulla a che fare con pendolini, sguardi fissi, suggestioni e pericolosi viaggi nell’inconscio. È una tecnica terapeutica vera e propria, basata su un razionale scientifico, e utile in moltissimi contesti, dalla cura dell’ansia, della depressione, delle fobie e persino nell’ambito di malattie più serie. Basti pensare che uno studio condotto recentemente dalla dottoressa Piera Rosso, collaboratrice del Milton Erickson Institute di Torino, ha dimostrato che l’ipnosi migliora la qualità di vita dei malati oncologici in fase terminale.
 
L’ULTIMO STUDIO
La ricerca ha riguardato 30 pazienti di età compresa tra i 55 e i 72 anni in fase terminale. Tutti sono stati sottoposti per sei settimane a sedute di ipnosi. Ebbene, al termine del trattamento nel 41 per cento dei casi si è registrata una diminuzione del dolore percepito, nel 60 per cento si è verificato un passaggio dello stato di ansia da grave a lieve e nel 67 per cento la depressione si è ridotta da grave a moderata. Questi risultati inevitabilmente hanno prodotto un miglioramento della qualità di vita nonostante i limiti imposti dalla malattia. «Nell’ambito delle malattie oncologiche, l’ipnosi permette di controllare le sensazioni dolorifiche e di ridurre il dosaggio dei sedativi, facendo recuperare ai pazienti lucidità e tempo prezioso da trascorrere con i propri familiari in un periodo estremamente significativo della loro vita» spiega la dottoressa Nicoletta Gava. Non solo. Questa tecnica coinvolge attivamente la persona nel progetto di cura, dandole la sensazione di poter riacquistare il controllo sulla propria esistenza.
 
È UNO SPOSTAMENTO DI ATTENZIONE
Ma che cos’è allora l’ipnosi? Esistono diverse scuole di pensiero. L’ipnosi moderna, così come viene concepita e utilizzata oggi, è stata fondata verso la metà del 1900 dallo psichiatra Milton Erickson, uno dei più grandi innovatori in ambito psicoterapeutico. «L’ipnosi ericksoniana è una metodica che consente di spostare la propria attenzione dall’esterno all’interno di se stessi, nel proprio inconscio, entrando in contatto con le proprie capacità e potenzialità» risponde l’esperta. Secondo la filosofia ericksoniana, infatti, l’inconscio è il luogo che contiene sia tutte le esperienze passate e presenti della persona sia tutte le sue aspettative per il futuro, le sue risorse e le sue facoltà. Concentrandosi su di esso, dunque, si riescono a recuperare ricordi e vissuti, ma anche abilità e competenze che non si sapeva o non si ricordava di possedere. «Gli studiosi di neuroscienze hanno verificato che durante le esperienze di ipnosi le persone attivano numerosi cam-biamenti a livello cerebrale e, di conseguenza, innescano processi evolutivi per la propria vita» aggiunge la dottoressa Gava.
 
ESISTE ANCHE QUELLA INVOLONTARIA
L’ipnosi non è, come sostengono erroneamente alcuni, uno stato di coscienza alterato, un termine che significa irregolare, guastato, falsificato. È invece uno stato diverso di coscienza e di veglia. Lo dimostra il fatto che tutte le persone vi accedono saltuariamente nell’arco della giornata, pur non rendendosene conto. Per esempio, si è in uno stato di ipnosi tutte le volte che si guida “con il pilota automatico”, cioè si arriva alla meta senza neppure rendersene conto e senza ricordare la strada percorsa, i semafori incontrati, le condizioni del traffico. Oppure quando ci si ostina a rileggere più e più volte la frase di un libro o di un giornale senza mai riuscire ad afferrarla e comprenderla davvero, perché non si è concentrati su ciò che si sta facendo ma l’attenzione è spostata all’interno di sé. Tali stati di ipnosi sono fisiologici e funzionali: permettono, per esempio, di recuperare le energie in un momento in cui si è stanchi, di ritrovare la lucidità mentale dopo una giornata densa di riflessioni, di allentare le tensioni accumulate a causa dei ritmi frenetici. In questo stato particolare, detto anche stato di trance, infatti, è più facile rilassarsi, regolare i propri stati emotivi, prendere decisioni, rinvenire energie fisiche e mentali.
 
IN TRANCE GRAZIE AL DIALOGO
Se questi stati di veglia diversa sono involontari, invece l’ipnosi indotta, così come la s’intende comunemente, è voluta e cercata. Ma non certamente con metodi irrazionali e di effetto scenico come si vede nei film, bensì con strumenti codificati dalla scienza. Esistono diversi modi per indurre l’ipnosi: in alcune situazioni il soggetto è seduto e il terapeuta di fronte a lui, in altre è disteso; qualche volta la persona è meno attiva, qualche altra invece è invitata a fare delle visualizzazioni mentali. Per esempio, ci si può servire di alcune immagini non statiche, tipo scendere dalle scale, passeggiare in riva al mare o addentrarsi in un bosco. Una stessa rappresentazione può scatenare reazioni diverse: alcuni soggetti possono rilassarsi, altri agitarsi o impaurirsi. Per evitare di suscitare effetti non desiderati, il terapeuta invita il paziente a pensare a un luogo specifico in cui si è sentito veramente bene: ciascuno può evocare il ricordo che preferisce e l’ipnosi comincia.
 
COME UN VIAGGIO DI ANDATA E RITORNO
«Il metodo ericksoniano classico utilizza domande precise e un linguaggio simbolico con cui il terapeuta aiuta la persona a entrare in contatto con la propria realtà interna, a recuperare le sue risorse, ad ascoltarsi in modo più accurato e ad attivare nuovi modi di percepire e quindi di rappor-tarsi con se stessa e con l’ambiente» spiega la dottoressa Gava. Fra terapeuta e soggetto s’instaura una relazione particolare, una sorta di dialogo fra due inconsci, che in gergo tecnico viene definita “rapport”: è in questo spazio relazionale basato sull’empatia e la fiducia che si svolge la seduta. In alcuni momenti le richieste all’inconscio sono più esplicite, in altri momenti prevale il dialogo e lo scambio fra i due interlocutori. Uscire dallo stato di trance è semplice: è possibile farlo riper-correndo a ritroso la via che si è utilizzata per accedervi, per esempio il sentiero attraverso cui si era entrati nel bosco o risalendo uno dopo l’altro i gradini, in una sorta di viaggio di ritorno. Per uscire dallo stato di trance si può anche spostare l’attenzione dal luogo in cui si è stati durante la trance alla propria realtà interna, riportandola nel qui e nell’ora, al proprio respiro, alla percezione del proprio corpo.
 
ALLEVIA QUALSIASI SOFFERENZA
L’ipnosi può essere uno strumento prezioso sia in presenza di disturbi fisici sia di problemi psicologici. Infatti, permette di individuare e sfruttare appieno tutte le proprie risorse fisiche, mentali ed emozionali. «È una metodica in grado di aiutare a gestire in modo più efficace qualsiasi dolore. Nell’accezione ericksoniana, qualunque sintomo è un’espressione della sofferenza insita nella persona; per questo si lavora su tutti quegli aspetti che di solito hanno avuto origine nella storia personale e che hanno concorso all’instaurarsi del disagio che viene alla luce» conferma l’esperta. Molti vi si avvicinano per contrastare ansia e stress, altri per usare al meglio i propri stati emotivi, altri ancora per gestire il dolore o per migliorare la qualità del sonno. In generale, l’ipnosi può essere utile a chiunque desideri vivere meglio e con una maggiore consapevolezza di sé.
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