AFASIA: POSSIBILI CONTRIBUTI DELLE TECNICHE IPNOTICHE
L'utilizzo dell'ipnosi ericksoniana nel trattamento dei pazienti afasici: benefici e linee guida per conduzione di studi metodologicamente validi.
Poster presentato al Simposio dal titolo "Riabilitare la Comunicazione. Tecniche e tecnologie applicate", tenutosi il 29,30 Novembre 2013 presso L'università degli Studi di Torino.
Autori: Gava, Di Bartolomeo, Cavarra
Linguistic anxiety: possibili contributi delle tecniche ipnotiche
Cahana-Amitay e colleghi (2011) hanno recentemente coniato il termine “linguistic anxiety” per descrivere un fenomeno ben noto a chi si occupa di riabilitazione dell'afasia, ma poco indagato dalla letteratura.
Le persone con afasia, infatti, sono consapevoli delle loro difficoltà linguistiche e delle reazioni che queste causano nelle altre persone. Per questo rinunciano ad intervenire nelle conversazioni, scoraggiati non solo dalla patologia, ma soprattutto dalla forte ansia che ne deriva.
Questo ha pesanti ricadute su tutti gli ambiti della loro vita e sulle loro possibilità di recupero (Code & Hermann, 2003), restringe il numero e la qualità delle conversazioni cui prendono parte (Davidson, Worrall & Hickson, 2003) e costituisce una barriera alla partecipazione sociale (Ross, 2006).
L'ipnosi è una metodologia utilizzata in modo efficace per varie forme di ansia (Hammond, 2010) anche molto gravi come l'ansia da stress acuto (Bryant, Moulds, Guthrie, & Nixon, 2005) e il disturbo post traumatico da stress (Solomon & Johnson, 2002). Sta ricevendo sempre maggiore attenzione perché si tratta di una metodica relativamente semplice da somministrare, a basso costo e senza effetti collaterali (Molton, Jensen, & Patterson, 2009).
Per quanto riguarda aspetti specifici legati alla comunicazione, l'ipnosi ha dimostrato la sua efficacia nel trattamento di stati d'ansia direttamente legati al linguaggio (Barker et al., 1972), in particolare l'ansia di parlare in pubblico (Schoenberger et al., 1998), nell'apprendimento di alcuni aspetti di una seconda lingua (Schumann et al., 1978), e nel trattamento della balbuzie (McCord, 1955: Kaya & Alladin, 2012).
Questo ci ha indotto a ipotizzare che l'ipnoterapia potesse rappresentare un valido aiuto contro il particolare tipo di ansia che colpisce le persone con afasia. Attualmente non esistono studi metodologicamente forti sul tema (Laures & Shisler, 2004; Thompson, Hall & Sison, 1986)
Per espandere l'applicazione dell'ipnosi anche al trattamento di questo specifico tipo di ansia, rimangono una serie di questioni metodologiche e tecniche da risolvere, comuni per altro all'intera area della valutazione dell'efficacia degli interventi psicologici (Teeley et al., 2012).
Innanzitutto è necessario trovare conduttori con adeguata formazione sia nel campo della riabilitazione della comunicazione sia in quello dell'ipnosi. La letteratura pone l'attenzione sulla necessità di approfondire sia il ruolo dell'esperienza e delle competenze del conduttore sia i fattori relazionali non specifici – ad esempio l'attenzione, il rapport (Stoelb, Molton, Jensen, and Patterson, 2009).
Dal punto di vista metodologico, secondo Baker e colleghi (2009) per ottenere studi validi per la valutazione dell'efficacia gli studi devono:
_ utilizzare test standardizzati per la valutazione degli outcome
_ utilizzare trial randomizzati
_ utilizzare gruppi di controllo
_ utilizzare campioni di campioni di almeno 10 persone.
Questo contributo propone una riflessione sull'impatto dell'ansia da linguaggio sulla qualità della vita delle persone con afasia. Sulla base degli studi che ne dimostrano l'efficacia, propone l'ipnosi come trattamento efficace e delinea le linee guida principali per la conduzione di studi metodologicamente validi sul questo tema.
L’utilizzo dell’ipnosi ericksoniana nel trattamento dei pazienti afasici: benefici e linee guida per conduzione di studi metodologicamente validi.
Bibliografia
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Bryant, R.A., Moulds, M.L., Guthrie, R.M., & Nixon, R.D.V. (2005). The additive benefit of hypnosis and cognitive-behavioural therapy in treating acute stress disorder. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 73, 334–340.
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