IPNOSI E MECCANISMI NEUROFISIOLOGICI DI ANSIA E STRESS

Spesso sentiamo o diciamo a noi stessi che siamo stressati, che siamo in ansia. Nel linguaggio corrente siamo soliti dare una connotazione prettamente negativa a questi due fenomeni che, in realtà, sono nati e si sono evoluti per tutt’altro motivo. Lo stress è infatti una risposta fisiologica, normale ed a tutti gli effetti adattiva, che si mette in atto quando si presentano situazioni impreviste, sgradevoli, non di facile gestione. Ansia e stress, in piccole dosi, producono un vantaggio evolutivo elevato: ci aiutano a mantenere alto il livello di attenzione, ci permettono di essere vigili in situazioni pericolose, ci permettono di raggiungere elevate performance in momenti importanti. Da un punto di vista fisiologico, la risposta di stress è nata come riposta adattiva per fronteggiare pericoli. In situazioni di emergenza, infatti, è bene attivare l’organismo aumentando lo stato di arousal (ovvero lo stato di allerta ed attivazione), aumentare la forza e la resistenza muscolare, ed i riflessi. Per fare questo il nostro organismo, ed in particolare una branca del nostro sistema nervoso autonomo (nota come componente simpatica o ortosimpatica) provvede alla bronco dilatazione, vasocostrizione, tachicardia, sudorazione. Quando, invece, non ci sono pericoli in vista, prevale la componente parasimpatica del sistema nervoso autonomo, che provvede alla bronco costrizione, alla vasodilatazione, alla secrezione salivare ed all’innervazione del tratto digerente. È chiaro quindi che questo sistema è nato per farci fronteggiare situazioni di pericolo. Tuttavia è altrettanto chiaro come, un elevato livello di stress e di ansia, possa avere effetti opposti sull’organismo fino a portare a veri e propri disturbi d’ansia. In queste situazioni, il sistema simpatico si attiva immotivatamente tanto da rendere difficile la gestione delle conseguenze fisiche di tale attivazione. Ansia e stress hanno anche un correlato più di “alto livello” rispetto all’attivazione del sistema nervoso autonomo, essendo elaborate cognitivamente. Diverse aree cerebrali sottocorticali (come amigdala) e diverse aree corticali (soprattutto a livello dei lobi frontali) sono implicate nell’elaborazione cosciente di ansia e stress, rinforzando i segnali fisici che vengono dati dal corpo.
Nel gestire ansia e stress, l’ipnosi ha dato ottimi risultati, soprattutto se abbinata agli approcci della terapia cognitivo comportamentale. Un interessante caso è rappresentato dal Disordine da Stress Acuto (Acute Stress Disorder, ASD): questo disturbo si presenta ad un mese di distanza da un’esperienza traumatica ed è caratterizzato, tra gli altri sintomi, da una diminuzione delle risposte emotive e difficoltà di concentrazione. La diagnosi di ASD viene anche utilizzata quale predittore di un possibile e successivo Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD). In una ricerca condotta su 87 sopravvissuti a traumi di tipo civile con diagnosi di ASD, è stata applicata una psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale combinata con un percorso di ipnosi1. All’inizio dello studio, i partecipanti sono stati divisi casualmente in tre diversi gruppi: un gruppo ha seguito una classica terapia cognitivo comportamentale senza intraprendere alcun tipo di procedimento ipnotico, un secondo gruppo ha affiancato al trattamento psicoterapeutico un percorso di ipnoterapia ed infine un terzo gruppo ha ricevuto un counseling di supporto senza accedere ad alcuna seduta di psicoterapia. Al termine del periodo di trattamento e dopo 6 mesi dalla fine di quest’ultimo: entrambi i gruppi che hanno seguito pregetti psicoterapeutici hanno avuto una maggiore riduzione dei sintomi rispetto al gruppo che ha giovato del solo counseling psicologico ed un minor numero di soggetti appartenenti ai primi due gruppi ha mostrato sintomi tali da incontrare i criteri per la diagnosi PTSD. La ricerca ha infine mostrato che tra i due gruppi che hanno ricevuto un trattamento psicoterapeutico, il gruppo che ha potuto giovare anche dell’ipnoterapia ha mostrato una riduzione maggiore dei sintomi nei mesi successivi alla fine del  trattamento.
Anche senza dover passare attraverso traumi profondi di tipo civile o militare, la vita di tutti i giorni è purtroppo costellata da ansie che difficilmente si possono evitare, spesso legate agli ospedali ed ai luoghi di cura in genere. Per esempio, l’odiato appuntamento dal dentista rappresenta un momento ineludibile anticipato dall’ansia per la seduta. In un interessante studio, basato proprio sull’ efficacia dell’ipnosi nel contenere l’“ansia da dentista”, sono stati analizzati vari parametri elettro-fisiologici di un paziente che è stato sottoposto a due differenti operazioni chirurgiche per due protesi dentarie2. Precedentemente alla prima operazione, il paziente ha seguito una seduta di ipnosi di 80 minuti per ridurre le sensazioni d’ansia mentre la seconda operazione è stata eseguita senza alcuna suggestione ipnotica. In entrambe le situazioni, sia prima che durante l’operazione, sono stati monitorati diversi parametri come i cambiamenti nella pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e respiratoria nonché i cambiamenti delle onde cerebrali (misurate con l’elettroencefalogramma, EEG). Grazie a quest’ultima misurazione è stato possibile notare come una presenza di onde Theta (onde lente tipiche del sonno) caratterizzasse la condizione di rilassamento durante la fase di ipnosi. I risultati dello studio hanno mostrato come i parametri vitali (pressione sanguigna e battito cardiaco) avessero una frequenza nettamente minore prima e durante l’operazione chirurgica a seguito della seduta di ipnosi rispetto alla seconda operazione chirurgica, effettuata senza alcuna suggestione ipnotica precedente. Gli autori sostengono, nelle conclusioni della ricerca, come l’effetto rilassante, successivo alla fase di ipnosi, possa essere paragonato all’effetto sedativo di un anestetico (il Midazolam) tipicamente utilizzato prima delle operazioni chirurgiche. Da un punto di vista più qualitativo, dopo la sessione di ipnosi e la successiva operazione chirurgica, il partecipante allo studio ha mostrato un cambiamento anche riguardo alla sua percezione della “poltrona del dentista”, mostrando minori sintomi d’ansia rispetto a possibili trattamenti chirurgici futuri. Da notare, come ribadiscono gli autori, che questo tipo di trattamento con ipnosi rappresenta una possibilità di rilassamento assolutamente non invasiva e senza effetti collaterali.
 
Quest’ultimo esempio riportato è importante, non solo, per i risultati mostrati ma, soprattutto,  per la metodologia applicata nello studio: in grado di unire parametri fisiologici oggettivi più “vicini” al nostro sistema nervoso a parametri soggetti, inevitabili e fondamentali quando si parla di ricerca nel campo delle neuroscienze dell’uomo. Future ricerche in merito all’utilizzo dell’ipnosi dovranno sempre più spesso utilizzare questa metodica per costruire un ponte tra “corpo e mente”: parole collegate in modo inestricabile quando si tratta di combattere l’ansia e lo stress.
 
1] Bryant RA, Moulds ML, Guthrie RM & Nixon RDV. The Additive Benefit of Hypnosis and Cognitive–Behavioral Therapy in Treating Acute Stress Disorder. Journal of Consulting and Clinical Psychology 73(2); 334 – 340 (2005).
[2] Eitner S, Shultze-Mosgau S, Heckmann J, Wichmann M & Holst S. Changes in neurophysiologic parameters in a patient with dental anxiety by hypnosis during surgical treatment. Journal of Oral Rehabilitation 33; 496 - 500 (2006).
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