QUANDO L'ALCOL DA ALLA TESTA

L’ottantasei per cento degli italiani fa utilizzo di bevande alcoliche e le statistiche mostrano che il primo “bicchierino” viene consumato verso gli undici-dodici anni di età. Questi dati dell’Istat diventano numeri  fondamentali, soprattutto se si pensa all’effetto che il consumo di alcol ha sul cervello.
L’alcolismo, infatti, agisce su differenti aree cerebrali e sul comportamento in diversi modi.  Queste evidenze sono state raccolte grazie all’analisi post-mortem di pazienti con storie di abuso d’alcol o grazie a più moderne tecniche di neuro-immagine, capaci di visualizzare l’attività in vivo della corteccia cerebrale.
Tutto il funzionamento cerebrale è basato sulla comunicazione tra cellule nervose (neuroni). Ogni neurone si connette con un numero variabile, fino a migliaia, di altre cellule nervose e converte i messaggi degli altri neuroni in cambiamenti transitori (come la possibilità di rispondere più velocemente ad altri messaggi) o permanenti (come la produzione di nuovi collegamenti). L’alcol interferisce con questo processo, chiamato trasduzione del segnale1.
Un’ipotesi accreditata è che l’alcol produca una grave atrofia sia della materia grigia (l’insieme di neuroni) che della materia bianca (i collegamenti tra neuroni) della corteccia cerebrale2.
Nonostante questo effetto possa coinvolgere tutte le aree cerebrale, è stato dimostrato come specifiche strutture corticali e sotto-corticali siano più colpite di altre. In un recente studio, grazie alla risonanza magnetica, sono state scattate delle “fotografie” al cervello di due gruppi di soggetti: un gruppo composto da alcolisti ed un gruppo paragonabile per età e scolarità ma composto da partecipanti che non hanno mai fatto uso d’alcol3. Lo studio ha mostrato come l’uso continuo di bevande alcoliche porti ad un restringimento del volume dell’ippocampo, una struttura situata nel lobo temporale responsabile dei processi di acquisizione di nuove memorie. Questo restringimento potrebbe essere alla base dei disturbi mnesici presenti nelle storie alcolismo cronico.
Strutture estremamente vulnerabili al consumo di alcol sono i lobi frontali, sede delle funzioni esecutive (tra le altre, attenzione e capacità di risoluzione di problemi)4.  Queste aree sono connesse con gli altri lobi (parietali, temporali ed occipitali) e scambiano informazioni anche con diverse strutture sottocorticali tra cui aree come l’amigdala, importante per l’elaborazione delle emozioni. In particolare, la corteccia prefrontale (parte anteriore dei lobi frontali) sembra essere soggetta all’effetto di sostanze alcoliche5. La corteccia prefrontale è fondamentale per la pianificazione e la regolazione delle nostre azioni, ovvero per inibire i comportamenti inadeguati a determinate situazioni oppure troppo pericolosi. La distruzione di questo “sistema di controllo” spesso comporta l’esecuzione di azioni impulsive ed inappropriate così come atti di violenza verbale o agita. Inoltre, questa disinibizione potrebbe contribuire all’eccessiva ricerca di ulteriori bevande alcoliche.
Infine, sembra che l’alcol agisca in modo più profondo a livello dell’emisfero destro rispetto al sinistro. Nonostante i due emisferi siano in stretta connessione ed agiscano all’unisono, ognuno di essi è specializzato in determinate funzioni. Pazienti con un danno all’emisfero sinistro presentano prominenti disturbi del linguaggio mentre i pazienti con danni all’emisfero destro hanno spesso problemi spaziali ma anche disturbi legati all’espressione e comprensione delle emozioni. In diversi studi di neuro-immagine è stato messo in luce come pazienti con una storia di abuso di alcol possano sembrare emotivamente piatti ovvero meno sensibili alle situazioni che comportano un coinvolgimento affettivo. Inoltre questi pazienti hanno anche difficoltà ad interpretare informazioni emotive come per esempio il riconoscimento di espressioni facciali di tipo emotivo (per esempio distinguere tra espressioni di gioia o tristezza) e questo mancato riconoscimento sembra essere legato ad una forte difficoltà nelle relazioni interpersonali 6. Bisogna comunque ricordare che l’elaborazione delle emozioni non è totalmente a carico di un emisfero ma di aree sottocorticali come le aree limbiche (di cui fanno parte ippocampo ed amigdala) e le aree frontali prima discusse e dunque l’alcolismo potrebbe colpire in toto questo complesso network.
Gli studi sopra citati ci permettono di concludere che l’alcolismo è una patologia pericolosa soprattutto a causa dell’“arruolamento” di aree cerebrali in grado di cambiare il nostro comportamento rendendolo più disinibito, rallentato e meno attento alle relazioni interpersonali. 
[1] Alling, Christer, Ivan Diamond, Steven W. Leslie, Grace Y. Sun, and W. Gibson Wood, eds. Alcohol, Cell Membranes, and Signal Transduction in Brain. 1st ed. Springer, 1993.
[2]Lishman, W. A. “Alcohol and the Brain.” The British Journal of Psychiatry 156, no. 5 (May 1, 1990): 635–644.
[3] Beresford, Thomas P., David B. Arciniegas, Julie Alfers, Lori Clapp, Brandon Martin, Yiping Du, Dengfeng Liu, Dinggang Shen, and Christos Davatzikos. “Hippocampus Volume Loss Due to Chronic Heavy Drinking.” Alcoholism: Clinical and Experimental Research 30, no. 11 (November 2006): 1866–1870.
[4] Sullivan, Edith V. Human brain vulnerability to alcoholism: Evidence from neuroimaging studies. In Noronha, A.; Eckardt, M.; and Warren, K., Eds. Review of NIAAA’s Neuroscience and Behavioral Research Portfolio. NIAAA Research Monograph no. 34. Bethesda, MD: National Institutes of Health, 2000, pp. 473–508.
[5] Abernathy, Kenneth, L Judson Chandler, and John J Woodward. “Alcohol and the Prefrontal Cortex.” International Review of Neurobiology 91 (2010): 289–320.
[6] Kornreich, Charles, Pierre Philippot, Marie-Line Foisy, Sylvie Blairy, Emmanuel Raynaud, Bernard Dan, Ursula Hess, Xavier Noël, Isy Pelc, and Paul Verbanck. “Impaired Emotional Facial Expression Recognition Is Associated with Interpersonal Problems in Alcoholism.” Alcohol and Alcoholism (Oxford, Oxfordshire) 37, no. 4 (August 2002): 394–400.
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