LA TESTIMONIANZA DI ILARIA EGESTE
L'ipnosi nella cura di donne vittime di violenza
Dott.ssa Ilaria Egeste,
psicologa-psicoterapeuta,
Master in Ipnosi Clinica ad orientamento Ericksoniano
Trattare con donne vittime di violenza è un lavoro enorme, soprattutto dal punto di vista emotivo. Sento l’esigenza di condividere la mia esperienza di terapeuta che utilizza l’ipnosi perché credo che in casi così gravi, che provocano lesioni emotive profonde come solchi, sia necessario fare un intervento psicoterapeutico che affondi nel buio di quelle esperienze per lavorarci dentro e accompagnare la persona fuori dal tunnel.
Ho utilizzato volontariamente una metafora perché ogni donna che ho incontrato aveva come prima difficoltà il blocco della parola, del raccontare la violenza subita, del sentirsi solo vittima e non complice dell’accaduto e davanti a questo scoglio in apparenza insormontabile, i test e le domande dirette non sortivano alcun effetto. Da quando ho incontrato l’ipnosi, il mio atteggiamento è cambiato: ho usato metafore che descrivessero l’accaduto, ho “disseminato” domande aperte che lasciassero intravedere la possibilità del cambiamento positivo, della guarigione. E ha funzionato. Parlarne adesso che è diventato un mio “modus operandi” sembra strano, ma all’inizio era davvero incredibile l’effetto immediato.
Elide, 30 anni, giunge all’osservazione clinica per disturbi alimentari; afferma di non riuscire a smettere di mangiare quando sente forte la solitudine. Lei non è italiana, ma è nel nostro Paese da 5 anni e studia. Quando la incontro per la prima volta dirigo a lei tutta la mia attenzione, esterna ed interna, ed entriamo immediatamente in un contatto profondo, ci immergiamo in una “bolla ipnotica”. Dall’anamnesi emerge una storia di abusi infantili ripetuti da parte del padre e il rapporto con una madre ipercorrettiva che non l’ha mai difesa.
Elide ha un’autostima bassissima, ma pensa che il passato non abbia nessun collegamento con questo e con il suo modo di vivere attuale. Questa donna dopo un anno e mezzo di terapia afferma di essere finalmente felice.
Al di là dell’intervento complessivo che ho attuato su di lei, vorrei focalizzarmi su come l’ipnosi è entrata in questa terapia: attraverso la time line statica, dinamica e modificata Elide è tornata nel suo passato, lavorando su se stessa, il padre, la madre e usando le potenzialità dell’”Elide adulta” per aiutare “Elide bambina”. Con le sottomodalità Elide ha trasformato i luoghi paurosi che ricordava nell’infanzia in luoghi colorati e pieni di musica. I suoi disturbi alimentari, dopo l’elaborazione dei traumi, sono calati fino a scomparire.
L’aspetto che vorrei approfondire, di questo percorso terapeutico, è il trattamento del trauma. Infatti, in quasi tutte le donne vittime di abuso, l’utilizzo di tecniche non ipnotiche mi ha sempre lasciato con la sensazione che “mancasse qualcosa” al finale. Queste donne, sentivano di non avere controllo su ogni loro decisione e atteggiamento. Razionalmente la sconfiggevano, ma tornava come un boomerang nella vita reale e, soprattutto, permeava tutti i rapporti e le relazioni, soprattutto sentimentali. Il primo grande lavoro che ho fatto è stato sulle mie modalità. Ho compreso, nel senso però dell’intuizione senza mediazione intellettiva, che dovevo tuffarmi nelle emozioni negative di queste donne e entrare nelle loro percezioni. Come fare? Attraverso l’ipnosi si sono spalancate anche le mie porte percettive, i miei canali comunicativi, tanto che le mie pazienti sentono la mia presenza emotiva, non fisica. Poi ho iniziato a lavorare sul trauma con l’ipnosi. Il primo step, per quasi tutte, è stata un’applicazione dell’induzione ipnotica per “allenarle” all’ascolto dell’inconscio ma anche perché riportavano tutte sintomi psicosomatici come insonnia, inappetenza, emicranie frequenti. Poi, seduta dopo seduta, è stata trattata l’elaborazione del trauma; l’aspetto più difficile che ho incontrato è stato il dover essere estremamente flessibile, poiché spesso si lavorava su un aspetto e, improvvisamente, durante la fase in ipnosi l’inconscio della paziente mi dirigeva verso un altro. L’ipnosi ha permesso, inoltre, di lavorare sul senso di colpa che le donne abusate hanno. Dentro di loro, infatti, c’è sempre una vocina che dice “Potevi scappare, non hai urlato abbastanza, in fondo è colpa tua se sei rimasta lì…”, fino a raggiungere livelli di vera e propria autocolpevolizzazione nei casi di violenze in infanzia. Per trattare questo aspetto mi sono servita tantissimo dell’uso di metafore, attraverso le quali le donne comprendevano profondamente ed emotivamente che il senso di colpa era assolutamente un inganno e che avrebbero finalmente potuto perdonarsi. Inoltre, un’altra tecnica che ho utilizzato è stata l’induzione per oscillazione, perché molte donne abusate fanno davvero fatica a lasciarsi toccare e il minimo contatto fisico che c’è in questo tecnica mi ha permesso di trasmettere loro che potevano fidarsi e lasciarsi andare, anche usando il loro corpo.
Dopo aver trattato diversi casi con successo, ho pensato che la ricchezza delle esperienze individuali venisse un po’ persa con il solo lavoro in studio e che molte donne mi avevano riportato il malessere della solitudine, di non riuscire a parlare dell’accaduto per vergogna, di sentirsi isolate. Quindi ho voluto sperimentare l’uso dell’ipnosi in un contesto un po’ allargato: il gruppo. Per un anno e mezzo ho seguito gruppi di 6-8 donne vittime di violenza che si sono aperte per raccontarsi e parlare di sé. L’esperienza è stata bellissima, e il gruppo è servito per legittimare il parlare delle violenze in ognuna di esse; per lavorare insieme sull’abbassamento dell’ansia e sull’autostima, per trattare i ricordi dolorosi. Tuttavia, alla fine di questo percorso, ho capito che nei casi di vittime di violenza il gruppo serve tantissimo nelle prime fasi, ma che arriva un momento in cui la donna deve affrontare da sola i suoi ricordi traumatici, altrimenti il gruppo si trasforma da elemento di aiuto in elemento “scudo”, che protegge la donna ma che le impedisce di entrare in prima persona nel suo trauma individuale.
psicologa-psicoterapeuta,
Master in Ipnosi Clinica ad orientamento Ericksoniano
Trattare con donne vittime di violenza è un lavoro enorme, soprattutto dal punto di vista emotivo. Sento l’esigenza di condividere la mia esperienza di terapeuta che utilizza l’ipnosi perché credo che in casi così gravi, che provocano lesioni emotive profonde come solchi, sia necessario fare un intervento psicoterapeutico che affondi nel buio di quelle esperienze per lavorarci dentro e accompagnare la persona fuori dal tunnel.
Ho utilizzato volontariamente una metafora perché ogni donna che ho incontrato aveva come prima difficoltà il blocco della parola, del raccontare la violenza subita, del sentirsi solo vittima e non complice dell’accaduto e davanti a questo scoglio in apparenza insormontabile, i test e le domande dirette non sortivano alcun effetto. Da quando ho incontrato l’ipnosi, il mio atteggiamento è cambiato: ho usato metafore che descrivessero l’accaduto, ho “disseminato” domande aperte che lasciassero intravedere la possibilità del cambiamento positivo, della guarigione. E ha funzionato. Parlarne adesso che è diventato un mio “modus operandi” sembra strano, ma all’inizio era davvero incredibile l’effetto immediato.
Elide, 30 anni, giunge all’osservazione clinica per disturbi alimentari; afferma di non riuscire a smettere di mangiare quando sente forte la solitudine. Lei non è italiana, ma è nel nostro Paese da 5 anni e studia. Quando la incontro per la prima volta dirigo a lei tutta la mia attenzione, esterna ed interna, ed entriamo immediatamente in un contatto profondo, ci immergiamo in una “bolla ipnotica”. Dall’anamnesi emerge una storia di abusi infantili ripetuti da parte del padre e il rapporto con una madre ipercorrettiva che non l’ha mai difesa.
Elide ha un’autostima bassissima, ma pensa che il passato non abbia nessun collegamento con questo e con il suo modo di vivere attuale. Questa donna dopo un anno e mezzo di terapia afferma di essere finalmente felice.
Al di là dell’intervento complessivo che ho attuato su di lei, vorrei focalizzarmi su come l’ipnosi è entrata in questa terapia: attraverso la time line statica, dinamica e modificata Elide è tornata nel suo passato, lavorando su se stessa, il padre, la madre e usando le potenzialità dell’”Elide adulta” per aiutare “Elide bambina”. Con le sottomodalità Elide ha trasformato i luoghi paurosi che ricordava nell’infanzia in luoghi colorati e pieni di musica. I suoi disturbi alimentari, dopo l’elaborazione dei traumi, sono calati fino a scomparire.
L’aspetto che vorrei approfondire, di questo percorso terapeutico, è il trattamento del trauma. Infatti, in quasi tutte le donne vittime di abuso, l’utilizzo di tecniche non ipnotiche mi ha sempre lasciato con la sensazione che “mancasse qualcosa” al finale. Queste donne, sentivano di non avere controllo su ogni loro decisione e atteggiamento. Razionalmente la sconfiggevano, ma tornava come un boomerang nella vita reale e, soprattutto, permeava tutti i rapporti e le relazioni, soprattutto sentimentali. Il primo grande lavoro che ho fatto è stato sulle mie modalità. Ho compreso, nel senso però dell’intuizione senza mediazione intellettiva, che dovevo tuffarmi nelle emozioni negative di queste donne e entrare nelle loro percezioni. Come fare? Attraverso l’ipnosi si sono spalancate anche le mie porte percettive, i miei canali comunicativi, tanto che le mie pazienti sentono la mia presenza emotiva, non fisica. Poi ho iniziato a lavorare sul trauma con l’ipnosi. Il primo step, per quasi tutte, è stata un’applicazione dell’induzione ipnotica per “allenarle” all’ascolto dell’inconscio ma anche perché riportavano tutte sintomi psicosomatici come insonnia, inappetenza, emicranie frequenti. Poi, seduta dopo seduta, è stata trattata l’elaborazione del trauma; l’aspetto più difficile che ho incontrato è stato il dover essere estremamente flessibile, poiché spesso si lavorava su un aspetto e, improvvisamente, durante la fase in ipnosi l’inconscio della paziente mi dirigeva verso un altro. L’ipnosi ha permesso, inoltre, di lavorare sul senso di colpa che le donne abusate hanno. Dentro di loro, infatti, c’è sempre una vocina che dice “Potevi scappare, non hai urlato abbastanza, in fondo è colpa tua se sei rimasta lì…”, fino a raggiungere livelli di vera e propria autocolpevolizzazione nei casi di violenze in infanzia. Per trattare questo aspetto mi sono servita tantissimo dell’uso di metafore, attraverso le quali le donne comprendevano profondamente ed emotivamente che il senso di colpa era assolutamente un inganno e che avrebbero finalmente potuto perdonarsi. Inoltre, un’altra tecnica che ho utilizzato è stata l’induzione per oscillazione, perché molte donne abusate fanno davvero fatica a lasciarsi toccare e il minimo contatto fisico che c’è in questo tecnica mi ha permesso di trasmettere loro che potevano fidarsi e lasciarsi andare, anche usando il loro corpo.
Dopo aver trattato diversi casi con successo, ho pensato che la ricchezza delle esperienze individuali venisse un po’ persa con il solo lavoro in studio e che molte donne mi avevano riportato il malessere della solitudine, di non riuscire a parlare dell’accaduto per vergogna, di sentirsi isolate. Quindi ho voluto sperimentare l’uso dell’ipnosi in un contesto un po’ allargato: il gruppo. Per un anno e mezzo ho seguito gruppi di 6-8 donne vittime di violenza che si sono aperte per raccontarsi e parlare di sé. L’esperienza è stata bellissima, e il gruppo è servito per legittimare il parlare delle violenze in ognuna di esse; per lavorare insieme sull’abbassamento dell’ansia e sull’autostima, per trattare i ricordi dolorosi. Tuttavia, alla fine di questo percorso, ho capito che nei casi di vittime di violenza il gruppo serve tantissimo nelle prime fasi, ma che arriva un momento in cui la donna deve affrontare da sola i suoi ricordi traumatici, altrimenti il gruppo si trasforma da elemento di aiuto in elemento “scudo”, che protegge la donna ma che le impedisce di entrare in prima persona nel suo trauma individuale.
Attualmente continuo a lavorare con vittime di violenza. E l’ipnosi è diventato uno strumento indispensabile.
Dott.ssa Ilaria Egeste,
psicologa-psicoterapeuta,
Master in Ipnosi Clinica ad orientamento Ericksoniano
Dott.ssa Ilaria Egeste,
psicologa-psicoterapeuta,
Master in Ipnosi Clinica ad orientamento Ericksoniano