GESTIRE IL DOLORE CON L'AUTOIPNOSI: UNA VALIDA ALTERNATIVA AI FARMACI
di Giustina Viarengo
Lo spazio dell'intervista di questo mese è riservato alla testimonianza della dottoressa Giustina Viarengo, infermiera e psicologa, che ha voluto raccontarci la sua storia personale, che l'ha resa prima vittima di una grave forma di dolore cronico e poi le ha fornito uno strumento per combatterlo: l'autoipnosi.
“La mia avventura inerente la patologia di cui soffro, inizia nel 1995 con un infortunio sul lavoro: svolgo attività in qualità d’infermiera e durante la mobilizzazione di un paziente, mi procuro l’erniazione di un disco intervertebrale. A breve si presentano i sintomi classici di questa patologia, dolore dapprima lombare e poi irradiato all’arto inferiore destro, rigidità dorso-lombare e impossibilità a svolgere molte delle mansioni quotidiane.
Con il passare del tempo si presenta anche la perdita di sensibilità all’arto interessato; tuttavia, non volendo ricorrere alla chirurgia, assumo farmaci prescritti dall’ortopedico consistenti prevalentemente in antinfiammatori, miorilassanti e antidolorifici.
Ovviamente associo la terapia farmacologica con la fisioterapia, trazioni, ginnastica posturale. Le terapie non mi procurano un beneficio tale da poter riprendere neppure le più semplici attività di vita quotidiana; chiaramente interrompo ogni attività sportiva alla quale mi dedicavo prima dell’infortunio (incluso il nuoto). Il dolore è sempre molto forte, i sintomi e i segni (parestesie all’intero arto inferiore) peggiorano, rendendo l’intervento inevitabile. Siamo nel 1996 e le tecniche microinvasive non sono la prassi. Il chirurgo che interviene per la rimozione dell’ernia effettua un intervento molto aggressivo, effettuando oltre alla rimozione della porzione di disco intervertebrale erniato anche un’emilaminectomia che mi procurerà, in seguito, instabilità vertebrale. Gli esiti dell'intervento non hanno riscontro positivo: si creano delle aderenze cicatriziali intorno alla radice nervosa, la mobilità della schiena è compromessa, l'infiammazione diventa cronica, il dolore persiste e col passare del tempo diventa poco trattabile, quasi incoercibile anche con terapie invasive (peridurali antalgiche) e orali.
In un modo o nell’altro vado avanti, e nel 2002 mi iscrivo all'Università, Facoltà di Psicologia. Nei momenti peggiori però sono costretta ad assumere morfina; vengo seguita dal Servizio di Terapia Antalgica. Si tenta l’associazione con farmaci differenti, inclusi antiepilettici e antidepressivi (a determinati dosaggi hanno effetto antidolorifico). Gli effetti collaterali dei farmaci mi stordiscono; l’attenzione è compromessa, così la capacità di memorizzare e di reagire a stimoli.
La mia vita è cambiata. Le abitudini, le aspettative, i sogni! Ho difficoltà ad accettare la mia nuova situazione di vita, ed il fattore dolore è quello predominante. Non scompare mai del tutto; a periodi di parziale remissione della sintomatologia seguono- a distanza di tempo ravvicinata, circa ogni uno, due mesi al massimo- periodi di riacutizzazione violenta che mi costringono a letto. Cerco nuove vie; lentamente sto accettando la mia condizione fisica-che solo fisica non lo è mai!- ma non mi arrendo: proseguo gli studi e soprattutto cerco qualcuno che mi possa aiutare. Trovo un neurochirurgo, a Treviso, che interviene sulle aderenze cicatriziali con la microchirurgia; dopo tre interventi il problema è risolto solo al 50%, e il dolore continua ad accompagnarmi sempre, a volte meno cruento, a volte insopportabile.
La “svolta” arriva nel 2008, quando scopro l’ipnosi in modo “diretto”. La mia prima Tesi di Laurea in Psicologia riguarda la trance ipnotica; l'argomento ipnosi quindi mi interessa da molto tempo e lo voglio approfondire: motivo per cui arrivo al Milton Erickson di Torino; desidero intraprendere un percorso formativo di tipo pratico ed esperienziale. Già durante il primo livello capisco che posso utilizzare l'autoipnosi per gestire il dolore. Inizio, con il supporto della Dottoressa Gava e del Dottor Di Bartolomeo, ad esercitarmi alla trance. Con il tempo, l’impegno e la costanza, ho imparato ad utilizzarla in maniera sempre più efficace. Apprendere l'autoipnosi è come fare una 'ginnastica mentale', e per ottenere buone performance è necessario un allenamento quotidiano.
Inizialmente è stato faticoso. Ma la fatica era dettata soprattutto da una mia credenza; che la trance fosse uno stato della mente da acquisire. In realtà, è per noi “in dotazione” da tempi remotissimi e accompagna la storia evolutiva della nostra specie.
Ho sempre avuto una particolare predisposizione alle visualizzazioni, e così, con il tempo e l’esercizio ho reso più efficace una capacità innata! Ho appreso a trovare quelle immagini che più sono funzionali per il processo ipnotico auto-indotto. In stato di trance le immagini mi vengono suggerite dalla mente stessa…semplicemente “visualizzandole”. Per esempio, visualizzo acqua limpida che entra in me attraverso la testa, percorre il mio corpo, scorre attraverso la colonna vertebrale portando via con sé "la ruggine", finché quest'acqua ormai rossastra fluisce attraverso la pianta dei miei piedi, lasciandomi la schiena "pulita" e meno dolorante. Altre volte immagino il dolore "come una grande sfera rossa e acuminata” dove la schiena maggiormente mi duole. Durante la trance immagino che il colore della sfera sbiadisca gradualmente fino al giallo pallido, e anche gli aculei si smussano; la sfera rimpicciolisce e rotola via attraverso i piedi. Queste visualizzazioni sovente le associo ad immagini più semplici, potrei dire “riassuntive” rispetto all’esperienza di trance; simboli, colori, odori o piccoli gesti, in modo tale che il ricorrere in stato di veglia al mio ancoraggio-riportando alla mente il simbolo, il colore o effettuando il gesto ancorato-, quando se ne presenta la necessità, sia più veloce. All'uscita dalla trance la sensazione dolorosa è diminuita. Ormai utilizzo i farmaci solo eccezionalmente ed anche i dosaggi, in quelle occasioni, sono molto ridotti rispetto ad un tempo. So che il dolore mi accompagnerà sempre, ma adesso ho uno strumento in più per gestirlo. Mi muovo, cammino, riesco a fare cose che non credevo di poter nuovamente fare -pur con delle grandi limitazioni- La mia vita è nuovamente cambiata. Questa volta, in meglio!
Adesso lavoro come psicologa, frequento una scuola di psicoterapia. A volte medici mi chiedono un supporto per alcuni pazienti affetti da dolore cronico farmaco-resistente; utilizzo l’ipnosi e miro a trasferire ai soggetti l’abilità di auto-induzione atta a gestire il dolore. Non sempre ho successo. Il controllo del dolore con l'autoipnosi è un processo che, come ho detto, si apprende col tempo. Ma è soprattutto la motivazione del paziente ad essere fondamentale. Io l'avevo fortissima, volevo e voglio lottare. Innanzitutto bisogna accettare la propria situazione clinica, volere un miglioramento, possibilmente immaginarlo e “sognarlo”in modo vivido, ossia percepirsi diversamente, uscendo dal ruolo di “paziente”, desiderare fortemente liberarsi dal dolore (pur con la coscienza necessaria che ciò potrebbe avvenire solo in parte), attivarsi emotivamente, “sentire” come e cosa si desidera. Prefiggersi degli obiettivi realistici e marcarsi stretti, non mollare mai pur nella consapevolezza che si può fallire. Se fattibile è buona cosa assumere la minor quantità di farmaci analgesici possibile; sovente le alterazioni a livello cognitivo, emotivo e comportamentale che tali farmaci inducono nel soggetto, rendono molto problematica l’induzione, la memorizzazione dei percorsi mentali o degli ancoraggi “trovati” in stato di trance ipnotica. E’ altresì importante darsi il tempo di comprendere quale sia il “modo migliore” per se stessi per entrare in trance, trovare gli stimoli giusti, come utilizzarli. Io uso le visualizzazioni perché la modalità percettiva che maggiormente utilizzo è quella visiva; ma ho scoperto che anche con gli ancoraggi olfattivi riesco ad ottenere buoni risultati, soprattutto per indurmi rilassamento muscolare, scaricare tensioni e pensieri negativi. Ognuno trova la propria via, anche se l’apprendimento della tecnica e l’esercizio sono indispensabili. Con il tempo, l’impegno e la volontà l’auto-ipnosi diventa un automatismo. Semplicemente respirando con il diaframma, portando l’attenzione su un punto qualsiasi –ossia, dentro di me- riesco ad ottenere buoni risultati per la gestione del dolore e non solo.
L'ipnosi mi aiuta a riprendere il controllo del mio corpo e delle mie sensazioni. La sedia a rotelle che mi avevano prospettato come inevitabile, è ormai uno spauracchio lontano. La consapevolezza di riuscire a gestire in modo soddisfacente il dolore con le mie forze è sicuramente una grande spinta a continuare su questa strada; per Giustina e per le persone che, come me, ne hanno bisogno e desiderio”.
G.V.
“La mia avventura inerente la patologia di cui soffro, inizia nel 1995 con un infortunio sul lavoro: svolgo attività in qualità d’infermiera e durante la mobilizzazione di un paziente, mi procuro l’erniazione di un disco intervertebrale. A breve si presentano i sintomi classici di questa patologia, dolore dapprima lombare e poi irradiato all’arto inferiore destro, rigidità dorso-lombare e impossibilità a svolgere molte delle mansioni quotidiane.
Con il passare del tempo si presenta anche la perdita di sensibilità all’arto interessato; tuttavia, non volendo ricorrere alla chirurgia, assumo farmaci prescritti dall’ortopedico consistenti prevalentemente in antinfiammatori, miorilassanti e antidolorifici.
Ovviamente associo la terapia farmacologica con la fisioterapia, trazioni, ginnastica posturale. Le terapie non mi procurano un beneficio tale da poter riprendere neppure le più semplici attività di vita quotidiana; chiaramente interrompo ogni attività sportiva alla quale mi dedicavo prima dell’infortunio (incluso il nuoto). Il dolore è sempre molto forte, i sintomi e i segni (parestesie all’intero arto inferiore) peggiorano, rendendo l’intervento inevitabile. Siamo nel 1996 e le tecniche microinvasive non sono la prassi. Il chirurgo che interviene per la rimozione dell’ernia effettua un intervento molto aggressivo, effettuando oltre alla rimozione della porzione di disco intervertebrale erniato anche un’emilaminectomia che mi procurerà, in seguito, instabilità vertebrale. Gli esiti dell'intervento non hanno riscontro positivo: si creano delle aderenze cicatriziali intorno alla radice nervosa, la mobilità della schiena è compromessa, l'infiammazione diventa cronica, il dolore persiste e col passare del tempo diventa poco trattabile, quasi incoercibile anche con terapie invasive (peridurali antalgiche) e orali.
In un modo o nell’altro vado avanti, e nel 2002 mi iscrivo all'Università, Facoltà di Psicologia. Nei momenti peggiori però sono costretta ad assumere morfina; vengo seguita dal Servizio di Terapia Antalgica. Si tenta l’associazione con farmaci differenti, inclusi antiepilettici e antidepressivi (a determinati dosaggi hanno effetto antidolorifico). Gli effetti collaterali dei farmaci mi stordiscono; l’attenzione è compromessa, così la capacità di memorizzare e di reagire a stimoli.
La mia vita è cambiata. Le abitudini, le aspettative, i sogni! Ho difficoltà ad accettare la mia nuova situazione di vita, ed il fattore dolore è quello predominante. Non scompare mai del tutto; a periodi di parziale remissione della sintomatologia seguono- a distanza di tempo ravvicinata, circa ogni uno, due mesi al massimo- periodi di riacutizzazione violenta che mi costringono a letto. Cerco nuove vie; lentamente sto accettando la mia condizione fisica-che solo fisica non lo è mai!- ma non mi arrendo: proseguo gli studi e soprattutto cerco qualcuno che mi possa aiutare. Trovo un neurochirurgo, a Treviso, che interviene sulle aderenze cicatriziali con la microchirurgia; dopo tre interventi il problema è risolto solo al 50%, e il dolore continua ad accompagnarmi sempre, a volte meno cruento, a volte insopportabile.
La “svolta” arriva nel 2008, quando scopro l’ipnosi in modo “diretto”. La mia prima Tesi di Laurea in Psicologia riguarda la trance ipnotica; l'argomento ipnosi quindi mi interessa da molto tempo e lo voglio approfondire: motivo per cui arrivo al Milton Erickson di Torino; desidero intraprendere un percorso formativo di tipo pratico ed esperienziale. Già durante il primo livello capisco che posso utilizzare l'autoipnosi per gestire il dolore. Inizio, con il supporto della Dottoressa Gava e del Dottor Di Bartolomeo, ad esercitarmi alla trance. Con il tempo, l’impegno e la costanza, ho imparato ad utilizzarla in maniera sempre più efficace. Apprendere l'autoipnosi è come fare una 'ginnastica mentale', e per ottenere buone performance è necessario un allenamento quotidiano.
Inizialmente è stato faticoso. Ma la fatica era dettata soprattutto da una mia credenza; che la trance fosse uno stato della mente da acquisire. In realtà, è per noi “in dotazione” da tempi remotissimi e accompagna la storia evolutiva della nostra specie.
Ho sempre avuto una particolare predisposizione alle visualizzazioni, e così, con il tempo e l’esercizio ho reso più efficace una capacità innata! Ho appreso a trovare quelle immagini che più sono funzionali per il processo ipnotico auto-indotto. In stato di trance le immagini mi vengono suggerite dalla mente stessa…semplicemente “visualizzandole”. Per esempio, visualizzo acqua limpida che entra in me attraverso la testa, percorre il mio corpo, scorre attraverso la colonna vertebrale portando via con sé "la ruggine", finché quest'acqua ormai rossastra fluisce attraverso la pianta dei miei piedi, lasciandomi la schiena "pulita" e meno dolorante. Altre volte immagino il dolore "come una grande sfera rossa e acuminata” dove la schiena maggiormente mi duole. Durante la trance immagino che il colore della sfera sbiadisca gradualmente fino al giallo pallido, e anche gli aculei si smussano; la sfera rimpicciolisce e rotola via attraverso i piedi. Queste visualizzazioni sovente le associo ad immagini più semplici, potrei dire “riassuntive” rispetto all’esperienza di trance; simboli, colori, odori o piccoli gesti, in modo tale che il ricorrere in stato di veglia al mio ancoraggio-riportando alla mente il simbolo, il colore o effettuando il gesto ancorato-, quando se ne presenta la necessità, sia più veloce. All'uscita dalla trance la sensazione dolorosa è diminuita. Ormai utilizzo i farmaci solo eccezionalmente ed anche i dosaggi, in quelle occasioni, sono molto ridotti rispetto ad un tempo. So che il dolore mi accompagnerà sempre, ma adesso ho uno strumento in più per gestirlo. Mi muovo, cammino, riesco a fare cose che non credevo di poter nuovamente fare -pur con delle grandi limitazioni- La mia vita è nuovamente cambiata. Questa volta, in meglio!
Adesso lavoro come psicologa, frequento una scuola di psicoterapia. A volte medici mi chiedono un supporto per alcuni pazienti affetti da dolore cronico farmaco-resistente; utilizzo l’ipnosi e miro a trasferire ai soggetti l’abilità di auto-induzione atta a gestire il dolore. Non sempre ho successo. Il controllo del dolore con l'autoipnosi è un processo che, come ho detto, si apprende col tempo. Ma è soprattutto la motivazione del paziente ad essere fondamentale. Io l'avevo fortissima, volevo e voglio lottare. Innanzitutto bisogna accettare la propria situazione clinica, volere un miglioramento, possibilmente immaginarlo e “sognarlo”in modo vivido, ossia percepirsi diversamente, uscendo dal ruolo di “paziente”, desiderare fortemente liberarsi dal dolore (pur con la coscienza necessaria che ciò potrebbe avvenire solo in parte), attivarsi emotivamente, “sentire” come e cosa si desidera. Prefiggersi degli obiettivi realistici e marcarsi stretti, non mollare mai pur nella consapevolezza che si può fallire. Se fattibile è buona cosa assumere la minor quantità di farmaci analgesici possibile; sovente le alterazioni a livello cognitivo, emotivo e comportamentale che tali farmaci inducono nel soggetto, rendono molto problematica l’induzione, la memorizzazione dei percorsi mentali o degli ancoraggi “trovati” in stato di trance ipnotica. E’ altresì importante darsi il tempo di comprendere quale sia il “modo migliore” per se stessi per entrare in trance, trovare gli stimoli giusti, come utilizzarli. Io uso le visualizzazioni perché la modalità percettiva che maggiormente utilizzo è quella visiva; ma ho scoperto che anche con gli ancoraggi olfattivi riesco ad ottenere buoni risultati, soprattutto per indurmi rilassamento muscolare, scaricare tensioni e pensieri negativi. Ognuno trova la propria via, anche se l’apprendimento della tecnica e l’esercizio sono indispensabili. Con il tempo, l’impegno e la volontà l’auto-ipnosi diventa un automatismo. Semplicemente respirando con il diaframma, portando l’attenzione su un punto qualsiasi –ossia, dentro di me- riesco ad ottenere buoni risultati per la gestione del dolore e non solo.
L'ipnosi mi aiuta a riprendere il controllo del mio corpo e delle mie sensazioni. La sedia a rotelle che mi avevano prospettato come inevitabile, è ormai uno spauracchio lontano. La consapevolezza di riuscire a gestire in modo soddisfacente il dolore con le mie forze è sicuramente una grande spinta a continuare su questa strada; per Giustina e per le persone che, come me, ne hanno bisogno e desiderio”.
G.V.