LA NUOVA IPNOSI SULLA POLTRONA DEL DENTISTA

di GianCarlo Di Bartolomeo

Utilizzo l'ipnosi ericksoniana nel mio studio odontoiatrico da quasi vent'anni. Spesso mi sono arrivati pazienti definiti dai colleghi che me li inviavano "impossibili da trattare": attacchi di vomito, terrore o fobia della poltrona, ansia apparentemente ingovernabile, mascelle serrate; questi i sintomi più frequenti.
Come studioso del genere umano, oltre che come professionista della salute, ho iniziato molti anni fa a riflettere sul come utilizzare al meglio le risorse dei pazienti che giorno dopo giorno si siedono sulla mia poltrona, a cercare e ricercare come tali risorse potessero essere utilizzate nella pratica terapeutica e, in definitiva, quali fossero le chiavi d’accesso più efficaci per raggiungerle.
Sebbene l’ipnosi sia una pratica terapeutica tra le più antiche nella storia dell’umanità, il suo riconoscimento scientifico è piuttosto recente: Jean Martin Charcot, il neurofisiologo della Salpetrière di cui Sigmund Freud fu allievo, “ottenne che la terapia ipnotica venisse accettata dall’Académie des Sciences, che nei cento anni precedenti aveva negato per ben tre volte al magnetismo qualunque dignità scientifica”.1 
“Questo perché l’ipnosi è stata considerata una questione di magia, occultismo, superstizione. L’ipnosi, invece, in realtà è una questione di meccanismi mentali, e perché non dovrebbe la scienza essere interessata al funzionamento di questi meccanismi? Le cellule celebrali controllano effettivamente il corpo in un gran numero di modi – dal punto di vista neurologico, fisiologico, e anche psicologico. L’ipnosi entrò davvero a far parte della medicina moderna nel secondo decennio di questo secolo, quando la gente cominciò ad interessarsi a quel concetto particolare chiamato medicina psicosomatica”.2
Pur nella nuova concezione scientifica, è inoltre estremamente rilevante la distinzione tra Ipnosi Tradizionale e Ipnosi Ericksoniana.
L’Ipnosi Tradizionale è caratterizzata da uno stile impositivo, direttivo. Il paziente subisce in modo del tutto passivo le direttive dell’ipnotista, vengono ricercate le risposte ideomotorie eclatanti, che confermerebbero, secondo questa scuola di pensiero, il buon andamento della terapia.
Nell’Ipnosi Ericksoniana gli interventi effettuati hanno carattere apparentemente minimale, l’attenzione del terapeuta è volta a cogliere i micro-segnali che indicano lo stato attuale del paziente e le ulteriori evoluzioni possibili.
Milton H. Erickson, padre della Nuova Ipnosi, o Ipnosi Moderna, ha intuito attraverso un lungo lavoro personale che entrando in relazione col mondo dell’”altro” la guarigione avveniva in modo molto più rapido ed efficace.
Qualche collega a questo punto potrà chiedersi quali siano i vantaggi del conoscere la materia nella pratica odontoiatrica.
L’apprendimento dell’ Ipnosi Ericksoniana e’ estremamente utile in primo luogo per gestire al meglio le nostre risorse come terapeuti, esposti giorno dopo giorno alle tensioni e ai disagi dei nostri pazienti (oltre che, come chiunque, alle fatiche del vivere).
Di seguito intendo fornire un breve elenco dei campi di applicazione della materia nella nostra pratica terapeutica quotidiana.

 

I CAMPI DI APPLICAZIONE DELL’ IPNOSI ERICKSONIANA IN ODONTOIATRIA:
- facilitazione della relazione di affidamento da parte del paziente, compliance, diminuzione dell’ansia
- fobia del dentista
- controllo della scialorrea e della scialopenia non organica
- patologie psicosomatiche tipo sindrome”bocca che brucia”
- bruxismo
- claustrofobia da diga,fobia da rumori,odori,visione degli strumenti
- modifica di abitudini maladattative: deglutizione atipica, succhiamento del pollice, onicofagia, interposizione dentale o labiale di oggetti
- intolleranza alle protesi o ai dispositivi ortodontici
- pedodonzia
- diminuzione del riflesso faringeo e del vomito
- controllo del sanguinamento e dell’edema
- algie,algie facciali,temporomandibolari
- diminuzione o abolizione dell’anestetico in pazienti a rischio(ipertesi,diabetici ecc.)
- analgesia e anestesia in tutti quei pazienti in cui non sia possibile usare l’anestetico (fobia per l’ago,allergie)
- ricerca e, ove possibile, stabilizzazione della relazione centrica

 
Un dubbio che mi è stato sollevato numerose volte da coloro che, non conoscendo la materia, ne intendevano valutare le possibilità operative nella propria attività quotidiana è relativo al fattore tempo. Quanto tempo per impiegare l’ipnosi con un paziente?
Come sarà stato intuibile quando poco fa parlavo di utilizzare al meglio le risorse proprie e del paziente è evidente che la logica di fondo è quella dell’ottimizzazione.
Utilizzare l’Ipnosi Ericksoniana in uno studio odontoiatrico significa mediamente risparmiare tempo, in alcuni casi impiegarlo al meglio in una prima fase per poi risparmiarne molto in futuro.
Recentemente, ad esempio, mi è stato inviato un paziente maschio di 48 anni che da più di vent’anni non effettuava cure odontoiatriche, se non la detartrasi, in quanto allergico a vari antibiotici, antinfiammatori e persino al cortisone. Era per lui evidente la necessità di un intervento sia conservativo che protesico abbastanza esteso.
Essendosi rifiutato di effettuare anche le prove allergologiche all’anestetico, abbiamo deciso, di comune accordo, di utilizzare l’ipnosi per il controllo del dolore.
In prima visita si è dunque proceduto con un’induzione ipnotica tale da portare il paziente, seduto sulla poltrona odontoiatrica in modo da riprodurre le stesse condizioni della terapia, in uno stato di trance di livello medio.
Le suggestioni impiegate si sono riferite semplicemente alle tematiche del benessere e del rilassamento. Inoltre, una volta accertato un buon livello di trance, ho utilizzato ciò che in termini tecnici si definisce suggestione post ipnotica con ancoraggio: “quando ti toccherò la spalla ti rilasserai nello stesso modo in cui sei rilassato ora. Allo stesso modo quando ti toccherò in bocca con un dito quella parte diventerà insensibile”.
Si noterà l’utilizzo di un linguaggio ridondante, utile per produrre in ipnosi gli effetti desiderati.
Portata a termine l’induzione e verificato lo stato di benessere del paziente, gli ho chiesto di aprire la bocca e dopo averlo toccato con un dito sulla spalla in un punto ben preciso (tecnica dell’ancoraggio) ho proceduto a toccare, sempre con il dito e come preannunciato, una parte circoscritta della bocca, ovvero la zona palatale e vestibolare di 14 e 15 e gli stessi denti.
Dopo qualche istante il paziente, su mia richiesta, ha riferito che cominciava ad avere una strana sensazione “come se si stesse addormentando la parte, un formicolio come quando si addormenta una gamba o una mano”.
Lasciato che il fenomeno procedesse per qualche minuto gli ho chiesto di risvegliare la parte “proprio come si fa quando ci si addormenta una gamba”.
Ottenuta la restituito ad integrum e conversato qualche minuto ho ripetuto brevemente tutto il percorso, in modo da consolidare il risultato. Infine, abbiamo fissato l’appuntamento successivo 2 giorni dopo.
In seconda seduta il paziente, memore della prima volta, si è presentato fin da subito tranquillo e pronto al lavoro ed al richiamo dell’ancoraggio ha ottenuto un’anestesia sufficientemente profonda da poter procedere. Nelle sedute successive, con l’aumentare dell’esperienza del paziente a questo tipo di pratica, l’anestesia è stata ottenuta in modo sempre più rapido ed efficace.

Bibliografia
1. Camillo Loriedo, Dal “sonno magico” alla Nuova Ipnosi, in IPNOSI E TERAPIE
    IPNOTICHE, Ponte alle Grazie, Milano, 2006
2. Milton H. Erickson, GUARIRE CON L’IPNOSI, vol. I, Casa Editrice Astrolabio,
    Roma, 1984

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