MEMORIE IN IPNOSI: ESPERIENZA RICORDATA O VISSUTA?

di Paolo Briatore
 
Durante la frequenza al Master in ipnosi clinica tenuto dal dott Di Bartolomeo e dalla dott.ssa Gava, ho avuto modo di sperimentare in prima persona molte esperienze ipnotiche. Queste hanno reso evidenti alcune differenze sostanziali tra la semplice evocazione di ricordi e il “riviverli” in trance nel corso delle induzioni.
Particolarmente importanti per me sono state le induzioni regressive che si possono attuare utilizzando delle tecniche di ipnosi conversazionale.
Ma prima di entrare nel merito è necessaria una premessa.
I ricordi costituiscono materiale di elaborazione in tutte le pratiche psicoterapeutiche; con le dovute differenze teoriche, in ultima analisi il buon esito della terapia è connesso con la modificazione e ristrutturazione di precedenti esperienze del paziente che, per una soggettiva elaborazione e attribuzione di significato, assumono aspetti disadattativi per il paziente stesso, con conseguenze negative sul piano comportamentale e cognitivo. Tali esperienze riportate dal paziente in seduta, fosse anche soltanto la narrazione di un episodio avvenuto poche ore prima della seduta stessa, risentono inevitabilmente delle valutazioni, delle censure, delle prescrizioni imposte dalla “teoria” conscia del soggetto. Per questo l’evocazione del ricordo consente al terapeuta di conoscere il sistema di costruzione personale della realtà del paziente, la sua modalità cognitiva.  Lo scopo del terapeuta non è certamente quello di scoprire come sono andate “realmente” le cose, ma quello di avere accesso alle modalità di attribuzione di significato che quel  paziente usa in determinate situazioni e che vanno ad integrare la sua percezione di sé e del mondo, contribuendo al processo di costruzione della propria identità. Sono coinvolti aspetti cognitivi importantissimi, come il pensiero e il linguaggio.
Nelle narrazioni, a differenza dei resoconti, emerge il mondo emotivo del paziente; ma anche questo è inevitabilmente mediato dal conscio.
In altre parole, l’esperienza soggettiva del paziente, per il semplice fatto di essere raccontata, viene in qualche modo modificata, elaborata. Proprio dalla struttura psichica del soggetto.
Un altro caso è rappresentato dal racconto dei sogni. Il sogno è un’esperienza mentale complessa che comprende varie componenti percettive, sensoriali, emotive cognitive e narrative. I sogni trasducono le emozioni e le tensioni corporee in immagini, rappresentando un’importante modalità di “scarico” dell’ansia e dello stress. Lo studio della “via regia all’inconscio”, per dirla con S.Freud, aiuta a comprendere le dinamiche inconsce associate a sentimenti, emozioni, pensieri e comportamenti. Nell’interpretazione occorre peraltro differenziare il contenuto manifesto del sogno, cioè ciò che il paziente vede, sente, fa (e racconta del sogno stesso), dal contenuto latente. Il racconto deve essere sistematizzato per rendere possibile la narrazione. Spesso avviene che ciò che il paziente ha vissuto nel sonno non riesca ad essere trasmesso; per poter essere trasmissibile, con una logica trasmissibile, deve essere razionalizzato. Diviene inevitabile omettere o aggiungere particolari che non trovano posto nello schema logico del racconto.
Ritornando all’esperienza ipnotica, questa viene vissuta nel qui e ora; non ha bisogno di essere “raccontata”, razionalizzata. Il terapeuta che utilizza l’ipnosi non chiede mai al paziente di “ricordare”, proprio per consentire al soggetto di vivere l’esperienza “ora”. L’esperienza è totalizzante, comprese le reazioni psicofisiologiche, la comunicazione non verbale; inoltre nel rievocare un ricordo, si ha la netta sensazione che il materiale che affiora alla mente “sia stato”, “sia accaduto” e che non sia più modificabile. Tutt’al più si potrà attribuire meno importanza a questo o quel fatto, si potrà essere desensibilizzati rispetto a questo o quell’episodio. Invece durante le sedute di induzione ipnotica mi è capitato non solo di rivivere episodi passati come se li stessi vivendo in quel momento, ma ho avuto la possibilità di osservarmi bambino, dall’esterno, di comprendere  le emozioni provate da quel bambino, dall’interno, di interagire con lui con gesti, atteggiamenti ma anche verbalmente, stabilendo un dialogo rassicurante con quel bambino; inoltre vivevo l’emozione di poter modificare attivamente quell’esperienza e le sensazioni legate ad essa. In altre parole, avevo la sensazione delle potenzialità di auto guarigione che il nostro inconscio possiede. Ho avuto la possibilità di dialogare con il terapeuta con la voce di quel bambino, con il non verbale di quel bambino. La difficoltà con la quale sto tentando di fare partecipi i lettori di ciò che ho sperimentato in quelle sedute, mi sembra la prova che, a livello conscio, quelle sedute sono divenute un “ricordo”, con tutti i limiti che ciò rappresenta.
Questo dal punto di vista del paziente. Da quello del terapeuta ritengo che indurre e osservare una trance ipnotica (con il non verbale, le reazioni fisiologiche, il “racconto” non mediato dalla coscienza) sia estremamente rilevante; davvero una via d’accesso diretta all’inconscio. 
MEMORIE IN IPNOSI: ESPERIENZA RICORDATA O VISSUTA?