LA TESTIMONIANZA DI R.

A 18 anni, una notte di fine estate, ho portato M nello studio di mio padre. Era la prima volta per tutti e due ed eravamo innamorati e eccitatissimi. È stato indimenticabile, nel senso che è lì che ho scoperto di avere problemi di erezione. “Problemi” è un eufemismo: la cruda realtà è che il mio pisello, in genere eretto quando e come si conveniva, crollava miseramente al momento della penetrazione.
Fu scioccante. Non riuscivo a crederci, non riuscivo a parlarne. Mi vergognavo atrocemente, l’ansia che accadesse di nuovo realizzava ogni volta le mie paure e ogni volta alimentava nuova ansia. Cominciai a fuggire il sesso: “qualunque cosa... qualunque cosa ma ti prego ti prego ti prego non mi chiedere di fare l’amore.”
È stato così per dieci anni. Poi è successo che una fanciulla mi ha preso e mi ha portato a letto. L’ha fatto con calma, con semplicità, come se davvero il sesso fosse cosa naturale (una grande scoperta, per me) e, soprattutto, senza lasciarmi il tempo di pensarci troppo su. Fu una rivelazione: funzionava! E non solo funzionava, mi piaceva pure un sacco. Lì ho preso fiducia. Sono cambiato, ho conosciuto l’amore come non immaginavo fosse. Ho poi incontrato altre donne, e anche se ogni volta rimaneva, come lieve sottofondo, una traccia di preoccupazione, consideravo i miei problemi cosa risolta e passata.
È stato così per dieci anni. Nel frattempo, senza che sapessi di preciso il perché, mi sono interessato all’ipnosi ericksoniana. Ho seguito i corsi dell’Erickson institute, i primi due livelli, con passione e divertimento. Peculiare era il fatto che durante le esercitazioni il mio inconscio mi riportasse ad un luogo preciso, sempre lo stesso: un campeggio in montagna nel quale, da bambino, ho passato numerose splendide estati. Era struggente: sono stato molto felice in quel posto.
Appena è stato possibile mi sono iscritto al corso per cultori, al terzo livello. Qualche tempo dopo il corso, durante un’esercizio che proprio non riuscivo a portare avanti, ho reagito in modo strano. All’improvviso mi sono sentito svuotato di ogni forza, del tutto impotente (ops...), strappato dal presente, dal qui e ora, come se la mia coscienza se ne fosse andata altrove, incapace di sopportare una terribile realtà. Ho pronunciato una frase, ricordo, e ricordo che la voce risuonava come quella di un bambino. Non è stato facile concludere. Provavo vergogna, una vergogna nera. Ed ero arrabbiatissimo, feroce con me stesso. Non riuscivo a pensare ad altro che a quell’esperienza, non riuscivo a staccarmi da lì. Ho deciso di chiamare GianCarlo  Di Bartolomeo, l’insegnante, per chiedere consiglio. “Lavora con un ancora”, mi ha detto, e mi ha spiegato come fare.
L’àncora mi portava lontano, diventava un’autoipnosi ogni volta più profonda, mi riportava a quel campeggio, a tanti anni fa. A un certo punto è emerso un episodio, uno scherzo che ho subito da bambino. È stato uno scherzo, pensavo, uno scherzo cretino ma pur sempre uno scherzo. Io, bambino smutandato da un grande allegrone, l’ho vissuto come un trauma, ma agli occhi di un adulto era solo divertente. Ero contento, avevo l’impressione di aver individuato un nodo importante e di aver cominciato a lavorarci su. Nei mesi successivi non ho pensato molto all’ipnosi, né a Erickson, né a Torino. Solo, ogni tanto, sotto forma di intuizione, riemergeva quel campeggio. Ricordi, emozioni, come frammenti di un puzzle. E ogni volta riuscivo a capire il modo in cui questi frammenti si collegavano al presente, alle mie reazioni, al mio modo attuale di essere. 
Ho lasciato la mia compagna, con cui stavo insieme da diversi anni. Dopo un po’ di tempo ho incontrato una ragazza. Abbiamo cenato insieme, a casa mia. Dopo cena abbiamo parlato a lungo, ci siamo abbracciati, baciati........è stato indimenticabile, nel senso che è lì che ho scoperto che il mio vecchio problema era ancora presente. Ma proprio presente presente, come se neanche un giorno fosse passato dalla mia prima volta. Le stesse emozioni, la stessa paura, la stessa vergogna: sono ripiombato in uno stato d’animo che neanche ricordavo. E poi è risuccesso, il giorno successivo, e ancora il giorno dopo, e di nuovo l’ansia alimentava altra ansia e realizzava paure...
Però non tutto era uguale. Qualcosa di diverso ora c’era: ora riuscivo a parlarne. A parlarne con lei, che ha posto la questione in modo piuttosto chiaro: “F”, mi ha detto, “mi piaci un sacco e a te tengo molto, però mi devi scopare, se no non andiamo da nessuna parte...”
Era un bello sprone, di certo, ma... davvero, mi ci rodevo: “che faccio? Che faccio? Che faccio che faccio che faccio? Andrologo pasticche terapia terapia chi kung meditazione oddìo che faccio e se stasera se stasera risuccede? E mi devo anche sbrigare che mi piace da morire mi piace ma se poi risuccede oddìo non si va che faccio da nessuna parte si va che devo fare?”
Finché, folgorante, mentre in ufficio stavo fissando con occhi vuoti lo schermo di un PC, perso in marasma di preoccupazione, è emersa un’intuizione: è la stessa cosa, ho capito, la stessa cosa che è successa in campeggio, la stessa cosa di 30 anni fa... è esattamente la medesima cosa. Cambiano i dettagli, cambia lo scenario, ma la sequenza di stati d’animo è la stessa, pari pari.
E allora ho chiamato GianCarlo: “ciao GianCarlo, ho un problema piuttosto pressante, non è che potremmo vederci su al tuo studio?”
Durante la seduta siamo ritornati a ciò che è successo 30 anni fa. Ho rivissuto l’esperienza, ma in modo diverso. Ho cambiato il mio vissuto a mio vantaggio. Non abbiamo fissato una seconda seduta perché  probabilmente si era risolto tutto lì, in poco più di un’ora.
La sera stessa, a casa, tutto è andato a meraviglia. Ero felicissimo. Abbiamo deciso, io e la mia ragazza, di chiuderci in casa, da soli, io e lei, per tutto il week-end. E per tutto il week-end, mai, neanche per un attimo, il mio membro virile si è degnato di mostrare la sua virilità: morto, comatoso, kaputt. Ormai non ero più neanche in ansia. Ci scherzavo su, tristemente.
Di nuovo, il lunedì: “ciao GianCarlo, c’è qualche problema, sai...”
Ok: ci sono delle resistenze, c’è del lavoro ancora da fare. Potrebbe volerci del tempo, ma ci vada quel che ci vuole. Mi sentivo comunque vicino, molto vicino a sciogliere un gran nodo. Abbiamo deciso di vederci di lì a pochi giorni.
La seduta successiva, su a Torino, è stata molto intensa,è diventata un’introspezione rivelatrice. Ho capito che quello scherzo innocente di 30 anni fa tanto innocente non era: il mattacchione mi concupiva, senza dubbio. E quando l’ho capito non ci sono rimasto neanche male. L’ho sempre saputo, in realtà, gli lasciavo il beneficio del dubbio, ma in realtà già lo sapevo. Questa certezza, per qualche motivo, mi ha dato serenità. In ipnosi, con una induzione particolare, sono tornato al campeggio, a quella sera lì, e ho visto che ora, davvero, ero libero di fare tutto quello che volevo.
 Ed è stato, finalmente, risolutivo.   
LA TESTIMONIANZA DI R.