IPNOSI E TRAUMA

Negli ultimi anni, così come suggerito dalla letteratura scientifica, la definizione di trauma sta cambiando. Dall’assunto che descrive i traumi come degli eventi rari ed eccezionali1 si sta passando ad un modello secondo il quale gli eventi traumatici sono più frequenti di quanto precedentemente immaginato2. Alcuni studi mostrano che in un ampio campione estratto della popolazione generale, la percentuale di soggetti che almeno una volta nella vita si sono trovati di fronte ad un evento potenzialmente traumatico (i.e. aggressioni, incidenti, eventi catastrofici) oscilla tra il 60% ed il 90%ibid.. Altre fonti rilevano che mentre nella maggior parte dei casi l’esposizione a questo tipo di eventi non porti effetti a lungo termine, circa il 25% dei soggetti esposti a trauma, tende a subire ripercussioni che possono essere anche molto invalidanti. Tra queste rientrano le condizioni classificate come Disturbo da Stress Acuto (ASD) e Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Mentre il primo si riferisce a manifestazioni sintomatologiche che compaiono immediatamente dopo l’evento stressante (tipicamente entro 48 ore), il secondo viene diagnosticato nel caso in cui i sintomi permangano per più di un mese. Questi sintomi includono sensazioni di tensione e iperattività fisica, un generale appiattimento emotivo, comportamenti di evitamento di situazioni che possano ricordare l’evento stressante ed episodi in cui i pazienti rivivono l’evento traumatico in modo vivido sia durante la notte sotto forma di incubi che durante la veglia (flashbacks). Questi ultimi possono essere scatenati da episodi che in qualche modo hanno dei punti in comune con il trauma e possono diventare molto invalidanti poiché spingono il soggetto ad evitare certi contesti che magari, prima dell’insorgere della patologia, facevano parte della sua quotidianità. Sin dalle sue prime formalizzazioni moderne, l’ipnosi è stata utilizzata per il trattamento di condizioni post-traumatiche3 e la ricerca odierna fornisce alcune prove della sua efficacia. Un esempio è costituito da uno studio4  nel quale i ricercatori erano interessati a verificare se un percorso di ipnosi offerto a veterani dell’esercito Israeliano affetti da PTSD potesse migliorarne la qualità del sonno, spesso intaccata dal disturbo. Mentre un primo gruppo veniva trattato con una terapia farmacologica ed una psicoterapia di supporto, al secondo venivano offerte in aggiunta due sedute a settimana di ipnosi per due settimane.
I risultati hanno mostrato che, nonostante entrambi i gruppi mostrassero un miglioramento, il gruppo trattato con l’ipnosi otteneva risultati migliori in diverse aree come la qualità del sonno, la capacità di concentrazione ed il livello di sonnolenza provato durante il giorno. Inoltre, nonostante non fosse questo l’obiettivo principale dei ricercatori, si è osservato come questi soggetti mostrassero dei miglioramenti anche in aree come la frequenza e l’invasività dei sintomi post-traumatici (tra cui flashbacks, pensieri intrusivi, comportamenti di evitamento) ed il manifestarsi di sintomatologia depressiva, spesso compresente in questi quadri.
Un’altra testimonianza significativa deriva da uno studio condotto con un campione di soggetti vittime dei cosiddetti “civil traumas”, ovvero quegli eventi stressanti che possono verificarsi in contesti urbani (come aggressioni o incidenti automobilistici). I ricercatori, partendo dall’evidenza che il ASD tende ad evolvere in PTSD circa nell’80% dei casi5 e che l’intervento precoce può ridurre questa percentuale6, si sono occupati di indagare le potenzialità dell’ipnosi nella gestione e risoluzione dei sintomi post-traumatici7. Per questo hanno confrontato tre gruppi, un primo composto di partecipanti ad una terapia cognitivo-comportamentale, un secondo che a questa aggiungeva un modulo di ipnosi ed un terzo al quale veniva somministrato un intervento di counseling supportivo. I risultati mostrano che i primi due gruppi hanno ottenuto risultati migliori del terzo e che il gruppo al quale era stato proposto l’intervento ipnotico otteneva risultati migliori per quanto riguarda l’invasività dei flashbacks. Gli autori aggiungono che l’utilizzo dell’ipnosi in questo studio prevedeva soltanto la rivivificazione del trauma ai fini di ottenere una desensibilizzazione e che, probabilmente, utilizzando queste tecniche in modo più ampio e considerando anche altri aspetti della sofferenza del paziente, tali risultati potrebbero essere ulteriormente potenziati.
Un ultimo esempio deriva da uno studio condotto su pazienti vittime di ustioni8, una categoria nella quale il PTSD può comparire nel 45% dei casi. La sintomatologia inoltre rischia di permanere a lungo termine. I ricercatori hanno assegnato i pazienti ammessi ad un reparto ustionati al percorso standard di cura o ad un percorso identico che prevedeva però l’aggiunta di cinque sedute di ipnosi in una settimana. I risultati mostrano che i pazienti trattati con l’ipnosi, oltre a provare meno dolore, sia causato dalle ustioni stesse che dalle procedure mediche, riportavano una riduzione della frequenza dei flashbacks.
Per concludere, va detto che spesso, in questo tipo di interventi, i clinici sottolineano l’importanza di un trattamento ipnotico personalizzato sul singolo paziente in modo da poter rispondere alle sue esigenze specifiche.

 

Bibliografia  

 

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3.
Cardeña, E., Maldonado, J., van der Hart, O., & Spiegel, D. (2000). Hypnosis. In E. B. Foa, T. M. Keane, & M. J. Friedman (Eds.), Effective treatments for PTSD (pp. 247–279). New York: Guilford.
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