IPNOSI E BALBUZIE

La balbuzie è un disordine nel ritmo della parola. Le persone che ne soffrono sanno cosa vorrebbero dire, ma a causa di involontari arresti, ripetizioni o prolungamenti di un suono non ci riescono.
La gravità del disturbo varia nella stessa persona da situazione a situazione (Packman, Code, & Onslow, 2007) e in genere peggiora se si è obbligati o forzati a parlare. Generalmente non si balbetta durante la lettura ad alta voce, il canto, quando vi sono feedback uditivi alterati o quando si parla a oggetti inanimati o animali (Ingham, 1984).
Secondo Ann Packman, da più di 30 anni ricercatrice presso l' Australian Stuttering Research Centre, la causa della balbuzie non è ancora stata del tutto compresa (Packman, 2012), nonostante il prolificare di modelli teorici (Bloodstein & Bernstein Ratner, 2008; Packman & Attanasio, 2004; Yairi & Seery, 2011). Starkweather & Givens-Ackerman (1997, p. 24) a tal proposito sostengono che “ non esiste una singola etiologia, ma tante eziologie quante sono le storie del sviluppo di questo disturbo”.
La balbuzie è un disturbo ad esordio tipicamente infantile (3-6 anni) e in molti casi si risolve prima della pubertà (85% dei casi). Gli adulti che ne soffrono (e anche molti di coloro che hanno risolto il problema, ma ne hanno sofferto da bambini) riportano nella quasi totalità dei casi una specifica forma di ansia sociale per tutte quelle situazioni che richiedono di parlare in pubblico, conoscere nuove persone, parlare con i superiori e addirittura rispondere al telefono (Iverach & Rapee, 2013).
In queste situazioni i soggetti possono anche esperire sintomi fisici o motori, quali arrossire, tremori, sudorazione. Tipiche reazioni a queste situazioni sono l'ansia anticipatoria, stress e l'evitamento.
L'impatto della balbuzie sull'autostima e il benessere psicologico può essere anche molto severo. Le persone che ne soffrono vivono con ansia o addirittura con paura il dover pronunciare alcune consonanti o vocali, molte situazioni sociali, ecc. Non è raro che si auto impongano l'isolamento sociale.
Se la balbuzie è stata molto severa o legata ad episodi di scherno o bullismo, le reazioni di evitamento di alcune situazioni sociali rimangono anche nel caso in cui il problema sia stato risolto (Kraaimaat et al., 2002). Inoltre, l'ansia peggiora e in molti casi reinnesca la balbuzie (Menzies, Onslow, & Packman, 1999), creando di fatto un circolo vizioso in cui l'ansia è contemporaneamente causa ed effetto della balbuzie stessa.
L'ipnosi è una metodologia utilizzata in modo efficace per varie forme di ansia (Hammond, 2010) anche molto gravi come l'ansia da stress acuto (Bryant, Moulds, Guthrie, & Nixon, 2005) e il disturbo post traumatico da stress (Solomon & Johnson, 2002). Inoltre, l'ipnosi sta ricevendo sempre maggiore attenzione nel panorama scientifico internazionale perché si tratta di una metodica relativamente semplice da somministrare, a basso costo e senza effetti collaterali (Stoelb, Molton, Jensen, & Patterson, 2009).
L'ipnoterapia è stata utilizzata in modo efficace per la gestione e il trattamento della balbuzie (Kaya & Alladin, 2012). I lavori che sono stati pubblicati in questo ambito riportano buoni risultati nella gestione e il trattamento della balbuzie sotto diversi aspetti. Alcuni si focalizzavano soprattutto sul rafforzamento del senso sé (Gibson & Heap, 1991), miglioramento dell'autostima e riduzione dell'ansia (Doughty, 1990; Kraft, 1994; Moss & Oakley, 1997).
Esistono inoltre alcuni studi sull'utilizzo di interventi ipnotici per il trattamento di disfonia di origine psicogenetica (Giacalone, 1981; Heap & Aravind, 2002). In particolare, Heap e Aravind (2002, pp. 450–451) fanno riferimento ad un loro studio non pubblicato che mette a confronto un training standard di intervento linguistico/vocale con lo stesso affiancato da ipnoterapia. Questo secondo gruppo ha ottenuto importanti miglioramenti sia sulle scale di valutazione linguistico/vocali sia su quelle di valutazione della qualità della vita rispetto al training standard. Sulla base di questi risultati preliminari ma incoraggianti, i due autori auspicano un maggior utilizzo dell'ipnosi nel trattare i disturbi del linguaggio.
Una delle maggior difficoltà sembra rappresentata dalla difficoltà di reperire conduttori con adeguata formazione sia nel campo della riabilitazione della comunicazione sia in quello dell'ipnosi.
La letteratura pone l'attenzione sulla necessità di approfondire sia il ruolo dell'esperienza e delle competenze del conduttore sia i fattori relazionali non specifici – ad esempio l'attenzione, il rapport (Stoelb, Molton, Jensen, and Patterson, 2009).
Bibliografia
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Bloodstein, O., & Bernstein-Ratner, N. (2008). A Handbook on Stuttering, 6th edn (New York, NY: Thomson-Delmar).
Bryant, R. A., Moulds, M. L., Guthrie, R. M., & Nixon, R. D. (2005). The additive benefit of hypnosis and cognitive-behavioral therapy in treating acute stress disorder. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 73(2), 334.
Doughty, P. (1990). Case study: The use of hypnosis with a stammerer. British Journal of Experimental & Clinical Hypnosis.
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Giacalone, A. V. (1981). Hysterical dysphonia: hypnotic treatment of a ten-year-old female. American Journal of Clinical Hypnosis, 23(4), 289-293.
Gibson, H. B., & Heap, M. (1991). Hypnosis in therapy. Psychology Press.
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Ingham, R. J. (1984). Stuttering and behavior therapy: Current status and experimental foundations. San Diego, CA: College-Hill Press.
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Yairi, E. H., & Seery, C. H. (2014). Stuttering: Foundations and clinical applications. Pearson Higher Ed.
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